Imposta sul valore delle cripto-attività

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La legge di Bilancio 2023 ha esteso il regime dell’imposta di bollo proporzionale (2 per mille annuo), originariamente previsto per i “prodotti finanziari”, anche alle cripto-attività detenute dai clienti residenti in Italia presso i Crypto-asset service provider (Casp). 
Alternativa all’imposta di bollo, quando manca un intermediario residente, è la nuova imposta sul valore delle cripto-attività (Ivaca), nella misura del 2 per mille in capo ai soggetti residenti che detengono cripto-attività presso intermediari non residenti o archiviate su chiavi Usb, Pc e smartphone.

Il dualismo tra imposta di bollo e Ivaca è fonte di criticità anche dopo la circolare 30/E/2023 e la risposta a interpello 181/2024. Mentre per l’imposta di bollo il soggetto passivo del tributo sembra coincidere con il Casp o altro operatore finanziario che detiene le cripto-attività, per l’Ivaca il soggetto passivo è il possessore stesso delle cripto-attività.
La presenza di un intermediario residente (i Casp possono solo essere soggetti residenti o stabili organizzazioni di operatore stabilito in un altro Stato membro), iscritto nel Registro operatori valute virtuali presso l’Organismo agenti e mediatori (Oam), dovrebbe escludere l’applicazione dell’Ivaca da parte dell’utente, mentre trova applicazione la sola imposta di bollo. 
Le disposizioni si applicano comunque unicamente alle persone fisiche. 

Per le cripto attività detenute in regime d’impresa dovrebbero quindi valere in generale le regole degli artt. 85 (ricavi) e 86 (plusvalenze) e seguenti del Tuir. Non vengono regolamentate le operazioni crypto to crypto e le tokenizzazioni di partecipazioni, che potrebbero essere considerate asset virtuali.

Il Sole 24 Ore 23.09.2024